DOMENICA DELLE PALME O DI PASSIONE
Figlio di Dio, eppure crocifisso!
Con questa domenica tutta la Chiesa entra nella grande settimana
detta “santa” perché fa solenne memoria della passione, morte e risurrezione
del Signore Gesù. L’itinerario quaresimale di conversione e di
penitenza ci ha così condotti a contemplare il vertice della vicenda di
Gesù: la crocifissione-risurrezione, letta alla luce delle Scritture, colta
come mistero di totale obbedienza al Padre che assume il volto della donazione
ostinata del Servo (1ª lettura). Un’esistenza che sembra terminare sul legno
della croce ma che – diversamente dal pensare umano – apre alla glorificazione
(2ª lettura). La prospettiva teologica con la quale celebrare questa settimana
si fa chiara: la crocifissione è la via che porta alla risurrezione.
Il mistero della croce
Il vertice della liturgia della Parola è la lettura della Passione: ad
essa, più che alla processione delle palme, occorre volgere la nostra
attenzione. Gesù è stato solidale con la sofferenza di uomini concreti: ha
guarito ammalati, ha accolto emarginati di ogni tipo. Egli stesso ha conosciuto
l’angoscia dell’amicizia infranta dalla morte e della sconfitta dei suoi sforzi
per salvare il suo popolo: piange per l’amico Lazzaro e su Gerusalemme che lo
rifiuta. Di fronte a tutto ciò, Gesù non rimane passivo né accetta di
rassegnarsi, ma reagisce operando il bene e guarendo. Una lotta che assume il
volto della solidarietà e della liberazione. Ma la scelta di Gesù si tramuta
in scandalo: colui che viene a liberare i poveri e i sofferenti fa
l’esperienza della sconfitta, del silenzio di Dio, della morte. Il “buon
pastore” diventa “l’agnello immolato”, il seminatore diventa il grano che muore,
il Signore diventa il servo sofferente annunciato dai profeti (vedi Is
50,4-7). Il crocifisso non appare solo come uno sconfitto; egli è, per tutti i
presenti, il “maledetto da Dio”. Questa situazione è indicata dal modo stesso
dell’esecuzione della morte: “Maledetto colui che pende dal legno” (Dt
21,21-23).
Un silenzio e una fiducia “scandalosi”
Così ai piedi della croce gli avversari di Gesù possono “giustamente”
trionfare: non solo hanno eliminato un importuno, ma il giudizio stesso di Dio
sembra essere dalla loro parte. “Ai piedi della croce si scontrano due modi di
credere, e Gesù in croce ne è la discriminante: da una parte, chi è disposto a
credere unicamente se Gesù scende dalla croce; dall’altra, chi crede proprio
perché rimane sulla croce. Al centro di questa tensione Gesù e il Padre. Gesù
si rivolge al Padre con una domanda: ma il Padre tace. La voce che ha parlato
al battesimo e alla trasfigurazione qui tace. E Gesù muore con una domanda, con
la domanda. Non è sorprendente?” (B. Maggioni).
Al Calvario viene definitivamente cancellata l’immagine di un Dio che
interviene miracolosamente nella storia umana per porre fine alle sofferenze.
Della morte di Gesù, di questa morte reale che contesta tutti gli idoli, tutte
le false immagini di Dio, di tutto ciò la fede cristiana ha fatto il luogo
supremo dell’amore di Dio per gli uomini. Comprendiamo allora perché il mistero
della croce ci avvicina a Dio in modo totalmente diverso e sorprendente. Esso
mette in risalto soprattutto il mistero di Dio, di questo Dio che si fa conoscere
come l’inconoscibile, che domanda di accettarlo nella sua imprevedibilità,
nella sua realtà “scandalosa”: dono fino alla croce! Gesù che muore in croce è
l’uomo che fa la massima esperienza dell’amore di Dio: un amore di autentica
donazione.
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