lunedì 31 marzo 2014

La strage degli innocenti, nel 1992 al Fusaro, a due passi dalla CASA DI DIO!


Nei primissimi giorni del gennaio 1992 una strage orribile scosse le coscienze della nostra città. In quest'anno in cui abbiamo deciso di commemorare il 25.mo anniversario della costruzione della nostra chiesa, abbiamo il dovere di radicare tutte le attività e gli eventi che programmeremo alla memoria di quegli INNOCENTI, morti nell'indifferenza, pianti, ... ma ormai dimenticati ed ignorati da gran parte di noi.La nostra chiesa era già lì in quel gennaio 92, ma possiamo dire che la nostra Comunità non aveva avuto il tempo di radicarsi. Nel pregare il Signore che ci faccia crescere ancora insieme, non scordiamoci mai di pregare quegli angioletti perché quotidianamente ci guidino ad amarci sempre di più.

Da: Repubblica 3 gennaio 1992
di PIERO MELATI 
STRAGE NEL CAMPO DEI TERREMOTATI
BACOLI (Napoli) - Per avvolgere i corpi carbonizzati dei tre bambini è bastato un solo lenzuolo, un unico fagottino bianco, ripiegato ai bordi, poggiato nel fango. Accanto, una baracca adibita a gabinetto, un prefabbricato trasformato in chiesa, lo scheletro di un poliambulatorio mai completato, usato in parte come pollaio e in parte come locale stendi-panni. Ancora due passi, ed ecco i resti anneriti della roulotte andata in fiamme, una delle quattro del campo. Questo il teatro della tragedia, un accampamento alle porte della città, occupato abusivamente da venti persone, tutti parenti. L' incendio scoppiato d' improvviso è costato la vita a Salvatore di cinque anni, Carmela di tre, Luigi di uno, uccisi alle otto di ieri nella roulotte in cui vivevano dal giugno scorso. Solo la madre, Enrichetta Bonè, si è salvata per miracolo. A impedire immediati soccorsi, un lucchetto montato alcuni giorni fa alla porta della ruolotte, chiuso dall'esterno. Quando le fiamme sono divampate, Enrichetta e figli sono rimasti intrappolati all'interno del locale. La causa del disastro, quasi certamente, un corto circuito. Due fili spezzati dalle fiamme pendono ancora da un palo dell' Enel, a due passi dai confini del campo. Sono gli ultimi residui di un allacciamento volante, che serviva a portare luce alla roulotte. Quando le prime lingue di fuoco si alzano, nell'accampamento dormono ancora tutti. Il crepitio della vampata e le urla della donna richiamano però l' attenzione di un passante, Rosario Luzzi, 15 anni, figlio di emigrati in Belgio. Il ragazzo sfida il fuoco, tenta di forzare la porta del mezzo, ma il lucchetto lo impedisce. Quando la nonna dei bambini, Carmela Pinelli, arriva finalmente con le chiavi del catenaccio è ormai tardi. Rosario Luzzi riesce ad aprire, Enrichetta Bonè, già ustionata, gli cade tra le braccia, ma poi il calore che divampa costringe il soccorritore ad allontanarsi. La roulotte è avvolta dalle fiamme. Dentro ci sono ancora i tre bambini. Il caporeparto dei vigili del fuoco Pasquale Grieco, giunto sul posto con altri quattro colleghi alle 8 e 45, dieci minuti dopo la prima telefonata di allarme, racconta: "Non abbiamo potuto fare altro che spegnere l' incendio ed estrarre i corpi dei bambini, completamente carbonizzati. Il corpo del più piccolo non riuscivamo neppure a trovarlo. Era sepolto da una montagna di stracci". Alle 12 e 20 l' auto che trasporta tre piccole bare bianche si allontana dall' accampamento. Non una voce, non una lacrima l' accompagna. Non erano "terremotati ufficiali", i tre bambini. E non sono "terremotati ufficiali" neppure gli altri parenti che, in condizioni subumane, vivono nel campo. Si tratta, invece, di "abusivi tollerati". Così le casistiche più aggiornate del Comune di Bacoli archiviano oggi le storie di questi nuovi disperati, reduci da ogni tipo di deriva. La prima catastrofe della famiglia Boccia (questo il cognome del padre dei bambini, Vincenzo, 34 anni) tuttavia si chiama proprio terremoto. Il sisma dell' 80 aveva danneggiato i "bassi" in cui vivevano i nonni materni dei tre bambini (Luigi Bonè e Carmela Pinella) e le sorelle della madre (Agnese e Maddalena, rispettivamente tre e un figlio). La seconda mazzata arriva con il bradisismo, che qualche tempo dopo colpisce la zona flegrea. L' intera famiglia viene sfrattata per motivi igienico-sanitari e per morosità. La presentazione di regolare domanda per ottenere una casa popolare non sortisce effetti: carenze di punteggio, nessuna speranza di scalare la consueta graduatoria. Povertà, disoccupazione e miseria fanno il resto. Così, in mancanza di alternative, la famiglia Bonè decide di andare a occupare le roulotte del campo di Torre di Cappella, territorio di Bacoli, 27 chilometri da Napoli. Un campo di proprietà comunale, installato provvisoriamente dopo il terremoto, per i primi soccorsi alle popolazioni colpite. Un campo alle spalle degli stabilimenti Selenia, in seguito rispolverato quando il bradisismo faceva franare le case dell' area flegrea. Un campo, infine, liberato dai legittimi occupanti (vittime del bradisismo) quando il Comune, nell'87, aveva assegnato loro 84 alloggi, finanziati da sei miliardi del ministero della Protezione civile. Salvatore, Carmela e Luigi, a differenza dei nonni e delle zie, raggiungono quel campo soltanto la scorsa estate, dopo che il padre Vincenzo viene colpito da un' altra "catastrofe". Sfrattati anche loro dal "basso", i Boccia dapprima trasformano una Ritmo in alloggio. Poi Vincenzo trova lavoro come guardiano di cavalli nel maneggio di Licola del boss della camorra Lorenzo Nuvoletta. E questi, in cambio del lavoro prestato, gli assicura un tetto e pasti caldi per moglie e bambini. Ma il maneggio viene sequestrato dalla Guardia di Finanza. Così i Boccia decidono di raggiungere l' accampamento in cui già vivono i parenti. Solo da poche settimane papà Vincenzo aveva trovato un altro lavoro precario, in un allevamento vicino. Ma nel campo si determina una situazione al limite dell' inverosimile, ultima ed estrema deriva per la famiglia. Vincenzo dorme a pochi metri dalla roulotte occupata da moglie e bambini, nell' auto protetta da una coperta. Nel vecchio contenitore del terremoto non c' era infatti posto per tutti. Ma, intanto, Vincenzo comincia a litigare con la moglie. Gelosie, incomprensioni, rapporti extraconiugali. Tutte voci incontrollabili. Un solo fatto è certo. Vincenzo decide qualche giorno fa di montare un lucchetto esterno alla porta della roulotte. Le chiavi le tiene la nonna Carmela che, ogni sera, chiude dentro la roulotte Enrichetta e i suoi tre figli, per liberarli soltanto al mattino, dopo che Vincenzo si reca al lavoro. Una "prigionia" che Enrichetta, dal suo lettino all'ospedale Cardarelli, dove è ricoverata per gravi ustioni, afferma di avere accettato di buon grado. "Avevo paura di ladri e violentatori", spiega. Nella caserma dei carabinieri del paese, per tutta la giornata, i due magistrati della Procura circondariale, Beatrice e Piscitelli, interrogano il padre dei bambini. Ancora in serata, Vincenzo Boccia è sotto torchio per il "mistero del lucchetto". E ancora, vengono ascoltati alcuni operai dell' Enel e gli amministratori del bicolore Dc-Psdi, che governa i 26 mila abitanti di Bacoli. I giudici vogliono saperne di più sull'accampamento. La prefettura di Napoli nega che facesse parte degli insediamenti provvisori installati dopo il terremoto. Ma allora, che ci facevano quelle roulotte con l' intestazione "campo terremotati"? E gli allacciamenti volanti alla rete Enel sono abusivi o li ha autorizzati il Comune? Il cardinale di Napoli, Michele Giordano, accusa: "Mi chiedo come sia possibile che istituzioni e società civile non avvistino situazioni di questo tipo, permettendo che dei bambini vivano e muoiano in condizioni tanto offensive per la dignità umana?".


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