Nei primissimi giorni del gennaio 1992 una strage orribile scosse le coscienze della nostra città. In quest'anno in cui abbiamo deciso di commemorare il 25.mo anniversario della costruzione della nostra chiesa, abbiamo il dovere di radicare tutte le attività e gli eventi che programmeremo alla memoria di quegli INNOCENTI, morti nell'indifferenza, pianti, ... ma ormai dimenticati ed ignorati da gran parte di noi.La nostra chiesa era già lì in quel gennaio 92, ma possiamo dire che la nostra Comunità non aveva avuto il tempo di radicarsi. Nel pregare il Signore che ci faccia crescere ancora insieme, non scordiamoci mai di pregare quegli angioletti perché quotidianamente ci guidino ad amarci sempre di più.
Da: Repubblica 3 gennaio 1992
di PIERO MELATI
STRAGE NEL CAMPO
DEI TERREMOTATI
BACOLI (Napoli) - Per avvolgere i corpi
carbonizzati dei tre bambini è bastato un solo lenzuolo, un unico fagottino
bianco, ripiegato ai bordi, poggiato nel fango. Accanto, una baracca adibita a
gabinetto, un prefabbricato trasformato in chiesa, lo scheletro di un
poliambulatorio mai completato, usato in parte come pollaio e in parte come
locale stendi-panni. Ancora due passi, ed ecco i resti anneriti della roulotte
andata in fiamme, una delle quattro del campo. Questo il teatro della tragedia,
un accampamento alle porte della città, occupato abusivamente da venti persone,
tutti parenti. L' incendio scoppiato d' improvviso è costato la vita a
Salvatore di cinque anni, Carmela di tre, Luigi di uno, uccisi alle otto di
ieri nella roulotte in cui vivevano dal giugno scorso. Solo la madre,
Enrichetta Bonè, si è salvata per miracolo. A impedire immediati soccorsi, un
lucchetto montato alcuni giorni fa alla porta della ruolotte, chiuso dall'esterno. Quando le fiamme sono divampate, Enrichetta e figli sono rimasti
intrappolati all'interno del locale. La causa del disastro, quasi certamente,
un corto circuito. Due fili spezzati dalle fiamme pendono ancora da un palo
dell' Enel, a due passi dai confini del campo. Sono gli ultimi residui di un
allacciamento volante, che serviva a portare luce alla roulotte. Quando le
prime lingue di fuoco si alzano, nell'accampamento dormono ancora tutti. Il
crepitio della vampata e le urla della donna richiamano però l' attenzione di
un passante, Rosario Luzzi, 15 anni, figlio di emigrati in Belgio. Il ragazzo
sfida il fuoco, tenta di forzare la porta del mezzo, ma il lucchetto lo
impedisce. Quando la nonna dei bambini, Carmela Pinelli, arriva finalmente con
le chiavi del catenaccio è ormai tardi. Rosario Luzzi riesce ad aprire, Enrichetta
Bonè, già ustionata, gli cade tra le braccia, ma poi il calore che divampa
costringe il soccorritore ad allontanarsi. La roulotte è avvolta dalle fiamme.
Dentro ci sono ancora i tre bambini. Il caporeparto dei vigili del fuoco
Pasquale Grieco, giunto sul posto con altri quattro colleghi alle 8 e 45, dieci
minuti dopo la prima telefonata di allarme, racconta: "Non abbiamo potuto
fare altro che spegnere l' incendio ed estrarre i corpi dei bambini,
completamente carbonizzati. Il corpo del più piccolo non riuscivamo neppure a
trovarlo. Era sepolto da una montagna di stracci". Alle 12 e 20 l' auto
che trasporta tre piccole bare bianche si allontana dall' accampamento. Non una
voce, non una lacrima l' accompagna. Non erano "terremotati ufficiali",
i tre bambini. E non sono "terremotati ufficiali" neppure gli altri
parenti che, in condizioni subumane, vivono nel campo. Si tratta, invece, di
"abusivi tollerati". Così le casistiche più aggiornate del Comune di
Bacoli archiviano oggi le storie di questi nuovi disperati, reduci da ogni tipo
di deriva. La prima catastrofe della famiglia Boccia (questo il cognome del
padre dei bambini, Vincenzo, 34 anni) tuttavia si chiama proprio terremoto. Il
sisma dell' 80 aveva danneggiato i "bassi" in cui vivevano i nonni
materni dei tre bambini (Luigi Bonè e Carmela Pinella) e le sorelle della madre
(Agnese e Maddalena, rispettivamente tre e un figlio). La seconda mazzata
arriva con il bradisismo, che qualche tempo dopo colpisce la zona flegrea. L'
intera famiglia viene sfrattata per motivi igienico-sanitari e per morosità. La
presentazione di regolare domanda per ottenere una casa popolare non sortisce
effetti: carenze di punteggio, nessuna speranza di scalare la consueta
graduatoria. Povertà, disoccupazione e miseria fanno il resto. Così, in
mancanza di alternative, la famiglia Bonè decide di andare a occupare le
roulotte del campo di Torre di Cappella, territorio di Bacoli, 27 chilometri da
Napoli. Un campo di proprietà comunale, installato provvisoriamente dopo il
terremoto, per i primi soccorsi alle popolazioni colpite. Un campo alle spalle
degli stabilimenti Selenia, in seguito rispolverato quando il bradisismo faceva
franare le case dell' area flegrea. Un campo, infine, liberato dai legittimi
occupanti (vittime del bradisismo) quando il Comune, nell'87, aveva assegnato
loro 84 alloggi, finanziati da sei miliardi del ministero della Protezione
civile. Salvatore, Carmela e Luigi, a differenza dei nonni e delle zie,
raggiungono quel campo soltanto la scorsa estate, dopo che il padre Vincenzo
viene colpito da un' altra "catastrofe". Sfrattati anche loro dal
"basso", i Boccia dapprima trasformano una Ritmo in alloggio. Poi
Vincenzo trova lavoro come guardiano di cavalli nel maneggio di Licola del boss
della camorra Lorenzo Nuvoletta. E questi, in cambio del lavoro prestato, gli
assicura un tetto e pasti caldi per moglie e bambini. Ma il maneggio viene
sequestrato dalla Guardia di Finanza. Così i Boccia decidono di raggiungere l'
accampamento in cui già vivono i parenti. Solo da poche settimane papà Vincenzo
aveva trovato un altro lavoro precario, in un allevamento vicino. Ma nel campo
si determina una situazione al limite dell' inverosimile, ultima ed estrema
deriva per la famiglia. Vincenzo dorme a pochi metri dalla roulotte occupata da
moglie e bambini, nell' auto protetta da una coperta. Nel vecchio contenitore
del terremoto non c' era infatti posto per tutti. Ma, intanto, Vincenzo
comincia a litigare con la moglie. Gelosie, incomprensioni, rapporti
extraconiugali. Tutte voci incontrollabili. Un solo fatto è certo. Vincenzo
decide qualche giorno fa di montare un lucchetto esterno alla porta della
roulotte. Le chiavi le tiene la nonna Carmela che, ogni sera, chiude dentro la
roulotte Enrichetta e i suoi tre figli, per liberarli soltanto al mattino, dopo
che Vincenzo si reca al lavoro. Una "prigionia" che Enrichetta, dal
suo lettino all'ospedale Cardarelli, dove è ricoverata per gravi ustioni,
afferma di avere accettato di buon grado. "Avevo paura di ladri e violentatori",
spiega. Nella caserma dei carabinieri del paese, per tutta la giornata, i due
magistrati della Procura circondariale, Beatrice e Piscitelli, interrogano il
padre dei bambini. Ancora in serata, Vincenzo Boccia è sotto torchio per il
"mistero del lucchetto". E ancora, vengono ascoltati alcuni operai
dell' Enel e gli amministratori del bicolore Dc-Psdi, che governa i 26 mila
abitanti di Bacoli. I giudici vogliono saperne di più sull'accampamento. La
prefettura di Napoli nega che facesse parte degli insediamenti provvisori
installati dopo il terremoto. Ma allora, che ci facevano quelle roulotte con l'
intestazione "campo terremotati"? E gli allacciamenti volanti alla
rete Enel sono abusivi o li ha autorizzati il Comune? Il cardinale di Napoli,
Michele Giordano, accusa: "Mi chiedo come sia possibile che istituzioni e
società civile non avvistino situazioni di questo tipo, permettendo che dei
bambini vivano e muoiano in condizioni tanto offensive per la dignità
umana?".
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