lunedì 29 gennaio 2024

Caro direttore, le scrivo come fedele che in questo momento si sente fortemente confuso. ***** Caro Paolo, i testi del Magistero – ci insegnava un professore di Teologia – vanno letti e meditati in ginocchio,

Il Fedele cerca di capire e pone le sue perplessità.

 Caro direttore, le scrivo come fedele che in questo momento si sente fortemente confuso. Sono padre, quasi nonno, e in tutta la mia vita non ho mai messo in dubbio la mia fede, né tanto meno ha tentennato la mia totale fiducia verso il Pontefi ce, quale guida della Chiesa e vicario di Gesù in terra.

Ma le recenti “aperture” (come sono state chiamate dai media) di papa Francesco verso le coppie irregolari (anche quelle omosessuali), che potranno essere benedette nei luoghi di culto, hanno provocato in me una profonda lacerazione. Mi è sempre stato insegnato e ribadito da tutti i direttori spirituali che mi hanno seguito negli anni che il sacramento del matrimonio è indissolubile e che il divorzio, l’unirsi con un’altra persona dopo un fallimento coniugale, è un peccato grave. Quanto poi all’amore tra persone dello stesso sesso mi è sempre stato presentato come qualcosa di inammissibile per la dottrina cattolica, un attentato anche al valore più sacro della famiglia.

Ora è possibile che proprio Sua Santità, il capo della Chiesa, autorizzi a benedire queste offese a Dio? Su alcuni siti leggo di attacchi durissimi contro il Papa per aver compiuto questo passo, anche da parte di autorevoli ecclesiastici e, purtroppo, devo confidarle, che trovo molte delle loro argomentazioni condivisibili. Ed ecco che mi sento smarrito. Se può mi aiuti a fare chiarezza. 

(PAOLO G., ASCOLI PICENO)


Risponde Famiglia Cristiana

Caro Paolo, i testi del Magistero – ci insegnava un professore di Teologia – vanno letti e meditati in ginocchio, cercando, cioè, di comprenderne il senso profondo prima di emettere qualsiasi giudizio. Il documento a cui fai riferimento – la Dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni, che tratta della benedizione delle coppie non sposate in Chiesa e delle coppie omosessuali, pubblicata dal Dicastero per la dottrina della fede lo scorso 18 dicembre e autorizzata da papa Francesco – non fa eccezione. Il primo invito, quindi, è di leggerlo, proprio per non arrischiarsi in giudizi superficiali, e di non seguire a cuor leggero i tanti massimalisti o minimalisti della morale che si scatenano in queste occasioni sul Web. Il documento fornisce delle risposte a situazioni concrete di fronte a cui si trovano i pastori (esso risponde proprio a molte loro domande inviate al Dicastero), in un tempo in cui la complessità della vita e delle situazioni personali pone delle sfide sempre nuove all’annuncio del kerygma, cioè della lieta novella, da cui nessuno, ma proprio nessuno, è per mandato divino escluso.

Il tipo di documento scelto (una “Dichiarazione”) sottolinea l’importanza in termini di sviluppo e approfondimento sul tema delle benedizioni, tema pastoralmente importante che il Magistero ha più volte affrontato, non da ultimo in una nota esplicativa sulle coppie omosessuali del febbraio 2021, di cui la Dichiarazione rappresenta un approfondimento. Innanzitutto, resta ferma – e non potrebbe essere diversamente – la dottrina cristiana sul sacramento del matrimonio tra un uomo e una donna, in cui risiede la verità del sacramento secondo Dio. La benedizione degli sposi, che è parte integrante del rito, conferma nella loro carne la pienezza della grazia santificante, che li assisterà nel vivere la loro relazione sponsale feconda (di figli, se arriveranno, ma anche come “lievito” della Chiesa e della società). Le benedizioni, che «si celebrano in forza della fede e sono ordinate alla lode di Dio e al profitto spirituale del suo popolo» (n. 10), nella loro dimensione liturgica – conferita, cioè, in un rito previsto dal Benedizionale o altrove – non devono riferirsi a situazioni in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo perché esse preparano, essendo dei sacramentali, alla ricezione alla grazia santificante dei sacramenti.

Ma, e qui sta la novità, la comprensione teologico-pastorale – figlia di quella “carità pastorale” proposta da Francesco – del segno della benedizione spinge il Dicastero, dopo una disamina delle benedizioni nell’Antico e nel Nuovo Testamento, a darne una comprensione più ampia, anche al di fuori di un contesto liturgico ufficiale, per farla diventare una risorsa pastorale importante per chi, pur in situazione irregolare, si mostra bisognoso della presenza salvifica di Dio, riconosce la Chiesa come “sacramento di salvezza” e desidera «chiedere una benedizione mostrando con questa richiesta la sincera apertura alla trascendenza, la fiducia del cuore che non confida solo nelle proprie forze, il bisogno di Dio e il desiderio di uscire dalle anguste misure di questo mondo chiuso nei suoi limiti» (n. 21). Nella Bibbia, infatti, è sempre Dio che benedice e non smetterà mai di benedirci perché «siamo più importanti di tutti i peccati che possiamo fare» (cfr. n. 27).

La benedizione delle coppie in situazione irregolare e omosessuali, dunque, potrà essere data in forma “semplice”, “spontanea”, non “rituale”, ma non potrà in nessun caso essere considerata segno di un’approvazione ecclesiale della situazione (e, infatti, non può essere data a chi rivendica la legittimazione del proprio status). Situazione che resta nel segno del peccato, ma apre così alla possibilità di investire dello Spirito Santo tutto quello che di buono, vero e umanamente valido può esserci in ogni situazione (cfr. n. 31). Soprattutto di avvicinare i cuori a Dio nella prospettiva della conversione e «far sentire a quelle persone che rimangono benedette nonostante i loro gravi errori» (n. 27).

Proprio per non creare confusione o scandalo, il Dicastero dispone che questo tipo di benedizioni non venga dato in occasioni ufficiali (riti civili, cerimonie, appuntamenti pubblici), ma rimanga nella sfera del privato, e vieta di creare benedizionali appositi da parte delle autorità ecclesiastiche, lasciando la formulazione delle benedizioni alla semplicità rituale e a un discernimento pratico dei pastori nei luoghi in cui, con più probabilità, questo tipo di benedizioni saranno più spesso impartite: i santuari.

08 gennaio 2024

giovedì 18 gennaio 2024

Il piacere sessuale è minato dalla pornografia: soddisfacimento senza relazione che può generare forme di dipendenza».

 

Nell'udienza generale Francesco ha parlato del demone di un uso distorto del sesso, che sta sempre alla porta del cuore. Il rischio è la "cosificazione" delle persone, che può portare a esiti estremi.



Il cristianesimo non è sessuofobo, ma fin dal tempo degli antichi Padri ha insegnato che, «dopo la gola, il secondo “demone” che sta sempre accovacciato alla porta del cuore è quello della lussuria, chiamato in greco porneia». Pertanto «il piacere sessuale è minato dalla pornografia: soddisfacimento senza relazione che può generare forme di dipendenza». Lo ha detto il Papa oggi, 17 gennaio nella catechesi del mercoledì dedicata appunto al vizio capitale della lussuria.

«Nel cristianesimo - ha spiegato Francesco - non c’è una condanna dell’istinto sessuale. Un libro della Bibbia, il Cantico dei Cantici, è uno stupendo poema d’amore tra due fidanzati. Tuttavia, questa dimensione così bella della nostra umanità non è esente da pericoli. In sostanza, la lussuria è «dopo la gola, il secondo “demone” che sta sempre accovacciato alla porta del cuore». E «mentre la gola è la voracità nei confronti del cibo, questo secondo vizio è una sorta di “voracità” verso un’altra persona, cioè il legame avvelenato che gli esseri umani intrattengono tra di loro, specialmente nella sfera della sessualità». Bisogna guardarsi dunque da «una gestione malsana della sfera sessuale», perché la lussuria può avere conseguenze molto negative «anzitutto perché devasta le relazioni tra le persone». Con un riferimento implicito ai femminicidi il Papa ha infatti proseguito: «Per documentare una realtà del genere è sufficiente purtroppo la cronaca di tutti giorni. Quante relazioni iniziate nel migliore dei modi si sono poi mutate in relazioni tossiche, di possesso dell’altro, prive di rispetto e del senso del limite? Sono amori in cui è mancata la castità: virtù che non va confusa con l’astinenza sessuale, bensì con la volontà di non possedere mai l’altro».

In altri termini, «amare è rispettare l’altro, ricercare la sua felicità, coltivare empatia per i suoi sentimenti, disporsi nella conoscenza di un corpo, di una psicologia e di un’anima che non sono i nostri, e che devono essere contemplati per la bellezza di cui sono portatori. La lussuria, invece, si fa beffe di tutto questo: depreda, rapina, consuma in tutta fretta, non vuole ascoltare l’altro ma solo il proprio bisogno e il proprio piacere; la lussuria giudica una noia ogni corteggiamento, non cerca quella sintesi tra ragione, pulsione e sentimento che ci aiuterebbe a condurre l’esistenza con saggezza. Il lussurioso cerca solo scorciatoie: non capisce che la strada dell’amore va percorsa con lentezza, e questa pazienza, lungi dall’essere sinonimo di noia, permette di rendere felici i nostri rapporti amorosi».

La seconda ragione per cui la lussuria è un vizio pericoloso, ha spiegato ancora il Pontefice, è che «tra tutti i piaceri dell’uomo, la sessualità ha una voce potente. Coinvolge tutti i sensi; dimora sia nel corpo che nella psiche; se non disciplinata con pazienza, se non iscritta in una relazione e in una storia dove due individui la trasformano in una danza amorosa, essa si muta in una catena che priva l’uomo di libertà. Il piacere sessuale è minato dalla pornografia: soddisfacimento senza relazione che può generare forme di dipendenza».

Ecco dunque che «la battaglia contro la lussuria, contro la “cosificazione” dell’altro, può essere un’impresa che dura tutta una vita. Però il premio di questa battaglia è il più importante in assoluto, perché si tratta di preservare quella bellezza che Dio ha scritto nella sua creazione quando ha immaginato l’amore tra l’uomo e la donna. Quella bellezza che ci fa credere che costruire una storia
insieme è meglio che andare a caccia di avventure, coltivare tenerezza è meglio che piegarsi al demone del possesso, servire è meglio che conquistare. Perché se non c’è l’amore, la vita è triste solitudine». Invece, ha aggiunto a braccio, «quanti Don Giovanni ci sono in giro». Chiaro il riferimento al mito del seduttore seriale.

Diversa è invece la realtà dell'innamoramento. «Perché questo mistero accada, e perché sia un’esperienza così sconvolgente nella vita delle persone, nessuno di noi lo sa: è una delle realtà più sorprendenti dell’esistenza. Buona parte delle canzoni che si ascoltano alla radio riguardano questo: amori che si illuminano, amori sempre ricercati e mai raggiunti, amori carichi di gioia, o che tormentano fino alle lacrime. Se non viene inquinato dal vizio, l’innamoramento è uno dei sentimenti più puri». Attenzione, dunque, ha concluso il Pontefice, a non farlo deturpare dal demone della lussuria.

Nei saluti finali non sono mancati i riferimenti alla dolorosa attualità, soprattutto per le zone di conflitto. «Esprimo la mia vicinanza e solidarietà alle vittime, tutte civili, dell'attacco missilistico che ha colpito una zona urbana di Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan iracheno, ha detto innanzitutto Papa Francesco. «Le buone relazioni tra vicini non si costruiscono con simili azioni ma con il dialogo e la collaborazione». Quindi ha aggiunto: «Non dimentichiamo i Paesi che sono in guerra, non dimentichiamo l'Ucraina, la Palestina, Israele, non dimentichiamo gli abitanti della Striscia di Gaza che soffrono tanto. Preghiamo per le tante vittime della guerra, tante vittime. La guerra distrugge sempre. La guerra non semina amore, semina odio. La guerra è una vera sconfitta umana». «A tutti chiedo di evitare ogni passo che aumenti la tensione in Medio Oriente e negli altri scenari di guerra».

Un pensiero anche per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che inizia domani, 18 gennaio. Quest'anno ha per tema 'Ama il Signore Dio tuo e ama il prossimo come te stesso'. «Vi invito a pregare affinché i cristiani raggiungano la piena comunione e vengano unanimi testimonianze verso tutti, specie verso i più fragili».

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lunedì 15 gennaio 2024

L'intervista integrale a Papa Francesco

17 gennaio benedizione animali

In occasione della Festa di Samt'Antonio Abate, mercoledì 17 gennaio, al termine della Santa Messa (che inizierà alle ore 17), si procederà alla benedizione dei nostri animali nel cortile antistante la chiesa. 



sabato 13 gennaio 2024

Grazie, ma non possiamo accettare!

L'ospedale Bambino Gesù rifiuta donazione di un milione e mezzo di euro. 
L’azienda specializzata in sistemi di difesa voleva donarli per l’acquisto di una Pec Tac



L’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ha rifiutato una donazione in beneficenza da parte di Leonardo, ex Finmeccanica.
Un milione e mezzo di euro, da destinare all’acquisto di macchinari per curare bambini e bambine affetti da malattie rare.
L’ospedale, evidentemente ispirato dal Vaticano che ne è proprietario e da Papà Francesco, ha detto no all’azienda specializzata nella realizzazione di sistemi di difesa, aerospaziale e sicurezza partecipata dal ministero dell’Economia e delle Finanze al 30%.
Repubblica racconta che l’entourage del presidente Stefano Pontecorvo aveva pianificato una donazione per acquistare una Pec Tac. Ma l’attuale dirigenza, presieduta da Tiziano Onesti dopo l’addio di Mariella Enoc, ha detto no.
Alla fine il milione e mezzo di euro è finito a un altro ospedale, il Gaslini di Genova.
[da OPEN]

sabato 6 gennaio 2024

Domenica 07 gennaio 2024 – Battesimo di Gesù

 


Tu sei il Figlio mio, l’amato

Subito dopo la l’Epifania celebriamo la festa del Battesimo del Signore Gesù. E’ l’inizio della sua vita pubblica.

Troviamo Gesù adulto, che si reca da Giovanni Battista, insieme a tanta altra gente. Giovanni annuncia che dopo di lui arriva uno che è più grande di lui, tanto da non essere degno di slacciare i lacci dei suoi sandali.

Ci viene presentata l’immagine di chi vuol servire Cristo, di chi è fedele e si fa umile, quasi a scomparire nel servizio, per esaltare, grazie alla voce del Padre, che quel Gesù è il Figlio di Dio, il figlio tanto amato.

Nel battesimo di Gesù comprendiamo meglio anche il nostro battesimo. Battesimo che ci fa risalire dal buio del peccato nel quale siamo immersi. Nel tempio di santa Corona a Vicenza, un ‘opera del Bellini, ben rappresenta nelle sue allegorie tutto questo.

Spesso ci dimentichiamo del Battesimo che abbiamo ricevuto. In realtà dovremo averlo più a cuore, perché con questo sacramento siamo purificati dal peccato originale, rivestiti di Grazia, dello stesso amore di cui Cristo è portatore.
Ogni giorno quasi inconsciamente ci facciamo il segno della croce, che ci riporta al nostro battesimo. Mai come in questi tempi abbiamo bisogno di questo, il battesimo ci invita ad una conversione costante, quotidiana.
La conversione alla sequela di Cristo ci aiuta a non girare la testa di fronte alle altre persone, ai fragili, ai bisognosi, agli ultimi. Capaci di essere portatori di giustizia e di pace nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità; affinché la pace così invocata, in particolare in questi giorni, sia manifesta e fattiva in ogni parte del mondo, nel cuore di ogni persona. 

Pietro Dal Santo

venerdì 5 gennaio 2024

Il Natale e il Verbo. Il teologo ortodosso Zelinskij

 

En archè en ho logos.
In principio era il Verbo.
В начале было Слово.

Ogni volta che leggo queste parole, il prologo di san Giovanni  – le ho lette, forse, mille volte – la mia mente è come si fermasse e si ritirasse davanti l’immensità del loro messaggio.

Credo che non ci siano sotto le stelle parole più importanti, più ricche di senso, più piene di speranza, ma anche più enigmatiche. Dio parla di sé e si rivela come Verbo che ha creato il mondo, ma anche come la luce vera che illumina ogni uomo che viene nel mondo. Ogni uomo, dice chiaramente il Vangelo, è portatore, erede, custode della luce divina con la quale siamo stati creati dall’inizio. Siamo tutti fratelli in questa luce perché una sua particella è presente in ciascuno di noi, e grazie a questa goccia di luce ci troviamo in comunione con quell’oceano che è Dio, se lo vogliamo, se lo conosciamo o meno.

Non si tratta di una comunione solo spirituale, mistica, ma anche carnale, visibile, storica perché un giorno il Verbo è diventato carne, la luce è diventata vita, la vita è diventata Gesù, quel Verbo, quella luce, quella vita che portiamo dentro di noi e con noi. Da ventuno secoli celebriamo, contempliamo, cantiamo l’Incarnazione e scopriamo sempre cose che ci stupiscono nuovamente. «Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste», vuol dire che tutto ciò che è venuto nel mondo fu tratto dal nulla dalla parola e noi possiamo sentire la sua eco in ogni cosa.

Ogni uomo è un’eco del Verbo, come anche l’universo intero. Tutto ciò che è rivestito della carne fatta da Dio partecipa alla sua Incarnazione.

Tutti noi facciamo parte della stessa famiglia; la rivelazione del libro della Genesi afferma che siamo stati creati a sua immagine e somiglianza: l’immagine e la somiglianza nel messaggio di san Giovanni si illuminano come luce, verbo, vita. Possiamo essere chiamati anche «figli di Dio» perché partecipiamo a queste sue manifestazioni, perché siamo teofori, seppure teofori che non si sono riconosciuti come tali oppure non si sono riconosciuti in Dio.

Dopo aver sentito questa notizia della Scrittura dobbiamo essere sicuri che abitiamo il giardino dell’Eden, nel luogo beato dove Dio ci ha messo dopo i giorni della creazione, addirittura in paradiso, dove Dio abita dappertutto. Non afferma il Vangelo proprio questo? Eppure non sperimentiamo nulla di simile, il nostro ambiente è pieno di guerre fredde o calde, il nostro mondo trabocca d’odio e a volte somiglia all’inferno. Tutti i giorni riceviamo le novità delle distruzioni, delle stragi della carne umana per cui il Verbo si fece carne. La vita nel mondo, così com’è, è catastrofica e così fu dall’inizio. Il Figlio di Dio è sceso sulla terra e si è incarnato nella Vergine Maria, nell’umanità che stava per fare la guerra proprio contro di Lui.

Sembra che il paradiso sia stato distrutto definitivamente dal peccato, questa è una semplice evidenza. Ma «la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» – ecco il messaggio della speranza che abbiamo ricevuto. Sì, il paradiso che Dio ha creato è stato coperto dal sangue, dal fango nero e sporco, ma non completamente.

Il Regno di Dio si nasconde anche in questo mondo di assassini che vive nell’attesa, proclamata o segreta, della risurrezione.

Proprio quel prologo di san Giovanni si legge in tutte le chiese ortodosse nella notte pasquale. C’è un filo di luce che unisce il Natale alla Pasqua, En archè en ho logos, il logos del Regno che era in principio e sarà anche il nostro avvenire. L’avvenire è quel bambino presso il quale si riunirà nel giorno del Signore tutta la famiglia umana.